Supporti di plastica da depurazione: è allarme nel Golfo di Gaeta All’apparenza possono sembrare piccoli ciondoli di plastica utili a comporre un braccialetto per bambini, in realtà la loro presenza sulle spiagge è un campanello d’allarme di qualcosa che evidentemente non funziona come dovrebbe. Si presentano come piccoli supporti sferici alveolari in plastica nera e sono stati rinvenuti nelle prime settimane di settembre lungo il litorale di Vindicio a Formia in corrispondenza della foce del torrente “Pontone”, del fiume Garigliano e analogamente sul litorale Domizio. L’episodio non è nuovo lungo le coste tirreniche, dopo il caso simile che coinvolse il litorale campano nel 2018 quando milioni di dischetti di platica, proveniente dall’impianto di depurazione di Capaccio Paestum in provincia di Salerno, si dispersero in mare. I supporti di plastica sono infatti componenti degli impianti di depurazione a sistema MBBR (Moving Bed Biofilm Reactor), rientranti nella categoria degli impianti di depurazione biologica a fanghi attivi. Sono reattori a biomassa adesa, poiché a differenza dei sistemi più tradizionali a culture sospese, il fango attivo presente nel comparte di reazione non si trova nell’acqua da trattare, bensì attecchisce ad una serie di supporti in materiale plastico ad elevata superficie specifica protetta sospesi e mobili all’interno del reattore biologico. Se la normalità sta nel loro utilizzo alla ricerca della piena efficienza dell’impianto, meno “normale” è la loro fuoriuscita perché altamente inquinanti.

Dischi plastica depuratore
Altro che raccolta di conchiglie

Supporti di plastica da depurazione: è allarme nel Golfo di Gaeta All’indomani del ritrovamento pronte sono state le prese di posizioni delle associazioni ambientaliste del territorio ma anche movimenti politici come nel caso dell’associazione “Un’altra Città”. Quest’ultima, che nel frattempo ha lanciato una campagna di sensibilizzazione per la raccolta dei supporti e che nell’aprile 2021 presentò un esposto alla Procura di Cassino, raccogliendo oltre 4mila filtrini, si dice convinta della loro provenienza certa: il depuratore del Comune di Itri. L’ente comunale viene chiamato in causa anche dall’associazione ambientalista “La Barba di Giove” la quale esorta la politica ad intervenire con una task force e allo stesso tempo si interroga sul piano di utilizzo dei fondi per il risanamento di Pontone che negli anni ha visto i residenti alle prese con calamità naturali. L’allerta è stata lanciata anche dalle associazioni “Golfo Vivo” e “Fare Verde” che, dopo aver effettuato sopralluoghi e denunciato il fatto alla Guardia Costiera, giungo alle stesse conclusioni. Non resta che aspettare le indagini della magistratura, chiamata ancora una volta a indagare sulle minacce alla tenuta dell’ecosistema del Golfo di Gaeta, nonostante sia stato dichiarato per legge “Area Sensibile”.