Piazza San Pietro con il solo Papa

Un silenzio surreale apre la diretta su TV 2000 e Rai Uno alle ore 18.00 da Piazza San Pietro in Roma, totalmente vuota. Il sole tramonta e il sagrato è bagnato da una pioggerellina sottile, nessun commento televisivo, sembrano udirsi i passi del Santo Padre mentre sale la scala che lo porta nello spazio adibito alla sua funzione. Un solo presbitero lo accoglie mentre una suora (TV 2000) e una laica (Rai Uno) in un riquadro traducono le parole per i non udenti. Un laico canta il santo evangelo. Prima dell’apertura del Santo Padre la regia offre ai telespettatori l’immagine sublime del Crocifisso della Chiesa di San Marcello e lo farà più volte durante la trasmissione, con primi piani di profilo del volto veramente sublimi. “Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo ritrovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda.

Il Papa nella Chiesa di San Marcello il 15 marzo

Su questa barca… ci siamo tutti, come quei discepoli, che parlano a una sola voce e nell’angoscia dicono: ‘Siamo perduti’, così anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme. È facile ritrovarci in questo racconto, quello che risulta difficile è capire l’atteggiamento di Gesù. Mentre i discepoli sono naturalmente allarmati e disperati, Egli sta a poppa, nella parte della barca che per prima va a fondo. E che cosa fa? Nonostante il trambusto, dorme sereno, fiducioso nel Padre – è l’unica volta in cui nel Vangelo vediamo Gesù che dorme –. Quando poi viene svegliato, dopo aver calmato il vento e le acque, si rivolge ai discepoli in tono di rimprovero: ‘Perché avete paura? Non avete ancora fede? Un rimprovero, questo, rivolto a tutti noi, e che in tempi di coronavirus acquista una densità e uno spessore mai immaginati prima. Tra di noi, nelle nostre famiglie, una delle cose che fa più male è quando ci sentiamo dire: Non t’importa di me? È una frase che ferisce e scatena tempeste nel cuore. Avrà scosso anche Gesù. Perché a nessuno più che a Lui importa di noi. Infatti, una volta invocato, salva i suoi discepoli sfiduciati.

Il Crocifisso rimosso il 26 marzo per il trasferimento in San Pietro

La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Ci dimostra come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che alimenta, sostiene e dà forza alla nostra vita e alla nostra comunità. La tempesta pone allo scoperto tutti i propositi di ‘imballare’ e dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare con abitudini apparentemente ‘salvatrici’, incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei nostri anziani, privandoci così dell’immunità necessaria per far fronte all’avversità”. Con la tempesta, quella che ha scatenato dentro e fuori di noi la pandemia in atto, “è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri ‘ego’ sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella – benedetta – appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli. In questo nostro mondo, che Tu ami più di noi, siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta.

Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato. Ora, mentre stiamo in mare agitato, ti imploriamo: ‘Svegliati Signore!”. Oggi il Signore ci rivolge un appello alla fede. Che non è tanto credere che Tu esista, ma venire a Te e fidarsi di Te. In questa Quaresima del tutto eccezionale per Papa Francesco “risuona il tuo appello urgente: ‘Convertitevi’, ‘ritornate a me con tutto il cuore’. Ci chiami a cogliere questo tempo di prova come un tempo di scelta. Non è il tempo del tuo giudizio, ma del nostro giudizio: il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. È il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri. E possiamo guardare a tanti compagni di viaggio esemplari, che, nella paura, hanno reagito donando la propria vita. È la forza operante dello Spirito riversata e plasmata in coraggiose e generose dedizioni.

È la vita dello Spirito capace di riscattare, di valorizzare e di mostrare come le nostre vite sono tessute e sostenute da persone comuni – solitamente dimenticate – che non compaiono nei titoli dei giornali e delle riviste né nelle grandi passerelle dell’ultimo show ma, senza dubbio, stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia: medici, infermieri e infermiere, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo. Quanta gente esercita ogni giorno pazienza e infonde speranza, avendo cura di non seminare panico ma corresponsabilità, quanti padri, madri, nonni e nonne, insegnanti mostrano ai nostri bambini, con gesti piccoli e quotidiani, come affrontare e attraversare una crisi riadattando abitudini, alzando gli sguardi e stimolando la preghiera. Quante persone pregano, offrono e intercedono per il bene di tutti. La preghiera e il servizio silenzioso: sono le nostre armi vincenti. Davanti alla sofferenza, dove si misura il vero sviluppo dei nostri popoli, scopriamo e sperimentiamo la preghiera sacerdotale di Gesù, “Che tutti siano una cosa sola. Non siamo autosufficienti, da soli affondiamo: abbiamo bisogno del Signore come gli antichi naviganti delle stelle”. Questa è la convinzione del Papa, che ha esortato ciascuno di noi ad invitare Gesù “nelle barche delle nostre vite”. “Consegniamogli le nostre paure, perché Lui le vinca”, l’invito: “Come i discepoli sperimenteremo che, con Lui a bordo, non si fa naufragio. Perché questa è la forza di Dio: volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte.

Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai. Il Signore ci interpella e, in mezzo alla nostra tempesta, ci invita a risvegliare e attivare la solidarietà e la speranza capaci di dare solidità, sostegno e significato a queste ore in cui tutto sembra naufragare. Il Signore si risveglia per risvegliare e ravvivare la nostra fede pasquale. Abbiamo un’ancora: nella sua croce siamo stati salvati. Abbiamo un timone: nella sua croce siamo stati riscattati. Abbiamo una speranza: nella sua croce siamo stati risanati e abbracciati affinché niente e nessuno ci separi dal suo amore redentore”. “In mezzo all’isolamento nel quale stiamo patendo la mancanza degli affetti e degli incontri, sperimentando la mancanza di tante cose, ascoltiamo ancora una volta l’annuncio che ci salva: è risorto e vive accanto a noi”, l’appello in tempi di coronavirus: “Il Signore ci interpella dalla sua croce a ritrovare la vita che ci attende, a guardare verso coloro che ci reclamano, a rafforzare, riconoscere e incentivare la grazia che ci abita. Non spegniamo la fiammella smorta, che mai si ammala, e lasciamo che riaccenda la speranza.

Da questo luogo, che racconta la fede rocciosa di Pietro, stasera vorrei affidarvi tutti al Signore, per l’intercessione della Madonna, salute del suo popolo, stella del mare in tempesta. Da questo colonnato che abbraccia Roma e il mondo scenda su di voi, come un abbraccio consolante, la benedizione di Dio. Signore, benedici il mondo, dona salute ai corpi e conforto ai cuori. Ci chiedi di non avere paura ma la nostra fede è debole e siamo timorosi. Però Tu, Signore, non lasciarci in balia della tempesta. Ripeti ancora: ‘Voi non abbiate paura’. E noi, insieme a Pietro, “gettiamo in Te ogni preoccupazione, perché Tu hai cura di noi’”. “Abbracciare la sua croce – aveva spiegato Francesco poco prima – significa trovare il coraggio di abbracciare tutte le contrarietà del tempo presente, abbandonando per un momento il nostro affanno di onnipotenza e di possesso per dare spazio alla creatività che solo lo Spirito è capace di suscitare. Significa trovare il coraggio di aprire spazi dove tutti possano sentirsi chiamati e permettere nuove forme di ospitalità, di fraternità e di solidarietà. Nella sua croce siamo stati salvati per accogliere la speranza e lasciare che sia essa a rafforzare e sostenere tutte le misure e le strade possibili che ci possono aiutare a custodirci e custodire. Abbracciare il Signore per abbracciare la speranza: ecco la forza della fede, che libera dalla paura e dà speranza”.

Quindi si è spostato dinanzi all’icona mariana e al crocifisso che ieri era stato trasportato nella Basilica di San Pietro.

Il crocefisso è normalmente custodito nella Chiesa di San Marcello al Corso a Roma, visitato domenica 15 marzo da Papa Francesco in pellegrinaggio. Il crocefisso è stato portato in Vaticano in preparazione al momento di preghiera voluto dal Santo Padre per oggi. Papa Francesco dopo aver presieduto in diretta televisiva la funzione dal sagrato della basilica petrina davanti alla piazza vuota, si è raccolto in preghiera e meditazione dinanzi al Santissimo e, quindi, ha impartito al termine la benedizione Urbi et Orbi con la possibilità di ricevere l’indulgenza plenaria, per chiedere la fine della pandemia di coronavirus Covid-19. Il Crocifisso esposto è ritenuto miracoloso. Nel 1519 un incendio, nella notte, distrugge completamente la precedente Chiesa in Via del Corso, intitolata a San Marcello. Il mattino seguente spentesi le fiamme si registra che l’intero edificio è ridotto in macerie, ma fra le rovine emerge integro il crocifisso dell’altare maggiore, ai piedi del quale arde ancora una piccola lampada ad olio. Tre anni dopo l’incendio, Roma viene colpita da quella che fu definita “la Grande Peste”. Il popolo porta il crocifisso in processione, riuscendo a vincere anche i divieti delle autorità, comprensibilmente preoccupate per il diffondersi del contagio. Il crocifisso viene prelevato e portato per le vie di Roma verso la Basilica di San Pietro. La processione dura sedici giorni: dal 4 al 20 agosto 1522. Man mano che si procede, la peste dà segni di regressione, e dunque ogni quartiere cerca di trattenere il crocifisso il più a lungo possibile. Al termine, al momento del rientro in chiesa, la peste è del tutto cessata. La foto apparsa ovunque di Papa Francesco che si reca a piedi nella Chiesa di via del Corso per pregare ai piedi del Crocefisso commuove i cattolici. È un pellegrinaggio solitario che scuote gli animi dell’intero mondo cattolico. Il Santo Padre stasera ha concesso l’indulgenza plenaria a tutto il mondo e, si legge in una nota precedente all’evento della sala stampa della Santa Sede, che in questo tempo di emergenza per l’umanità, invita i cattolici a unirsi spiritualmente in preghiera con lui. Abbiamo cantato a squarciagola dai balconi, ci siamo sbracciati alle finestre, i più temerari sono saliti fin sopra i terrazzi… abbiamo organizzato flash mob, sventolato tricolori, sbatacchiato i coperchi delle pentole, suonato chitarre, batterie, violini, pifferi e perfino cornamuse. Adesso dopo queste esibizioni prettamente laiche ci siamo uniti alla preghiera del Papa.

C’era grande attesa nel mondo per l’appuntamento di preghiera universale che il Papa aveva proposto personalmente in occasione dell’Angelus, domenica scorsa, e ha ribadito all’udienza generale. Il primo appello a tutti i cristiani si è concretizzato proprio mercoledì scorso 25 marzo, nell’invocazione a Dio onnipotente attraverso le parole del Padre Nostro in contemporanea con i Capi delle Chiese e i leader di tutte le Comunità cristiane. A questo secondo atteso appuntamento, i cattolici di tutto il mondo si sono uniti spiritualmente, attraverso i mezzi di comunicazione, al Papa che ha presieduto un momento di preghiera che è durato poco più di un’ora, dal Sagrato della Basilica di San Pietro, con la Piazza vuota, come lui stesso ha annunciato il 22 marzo al termine della preghiera dell’Angelus: “Ascolteremo la Parola di Dio, eleveremo la nostra supplica, adoreremo il Santissimo Sacramento, con il quale al termine darò la Benedizione Urbi et Orbi, a cui sarà annessa la possibilità di ricevere l’indulgenza plenaria”. Come aveva fatto sapere la Sala Stampa Vaticana, in questa speciale circostanza, nei pressi del cancello centrale della Basilica Vaticana, sono stati collocati l’immagine della Salus Populi Romani e appunto il Crocifisso di San Marcello. Il Santissimo Sacramento è stato esposto sull’altare collocato nell’atrio della Basilica Vaticana. Al cardinale S.E. Angelo Comastri, Arciprete della Basilica di San Pietro, il compito di pronunciare la formula per la proclamazione dell’indulgenza. L’evento è stato trasmesso in diretta mondovisione.