Fuga dei cervelli, la priorità delle priorità  – Appena un mese fa lanciavamo un invito alla segretaria del Partito democratico, Elly Schlein in visita a Ventotene, di intestarsi la battaglia contro la fuga dei cervelli all’estero. Avevamo parlato di arginare una lenta ed inesorabile emorragia di talenti. Una fuga dei cervelli, delle braccia e dei cuori, come l’avevamo chiamata registrando la grande diaspora verso il più attrattivo nord Europa, Regno Unito compreso. 

Non sappiamo se la segretaria del Pd abbia letto Golfo e dintorni. Di sicuro non lo ha fatto il governo meloniano che alla fuga e al rientro degli italiani all’estero sembra non pensarci. Anzi, lo voglia penalizzare. Come si legge su Il Post, il Consiglio dei ministri del 16 ottobre scorso ha infatti approvato, insieme al disegno di legge di bilancio, una bozza di decreto legislativo che renderebbe meno vantaggioso il rientro in Italia per gli italiani che attualmente risiedono e lavorano all’estero, mentre le agevolazioni previste per ricercatori e docenti universitari resterebbero in ogni caso immutate. Il decreto legislativo di cui stiamo parlando è stato approvato dal Consiglio dei ministri solo in esame preliminare: dovrà essere analizzato dalle commissioni competenti del parlamento, che esprimeranno un parere, e poi tornare in Consiglio dei ministri per una approvazione definitiva.

Che messaggio si manda cosí? Restate lì buoni dove siete che non ci servite?  Al contrario, chi ha maturato esperienze all’estero è un valore aggiunto per la comunità. Deve essere messo in condizione di rientrare e contribuire allo sviluppo del Paese. 

Il rischio è quello di trovarsi una Italia ferma. Che non cresce e si apre. E perde capitale umano. È di queste ore un nuovo rapporto i cui numeri sono scoraggianti. Secondo Fondazione Nord Est e l’associazione Talented Italians in the Uk (firmato da Ludovico Latmiral, Luca Paolazzi e Brunello Rosa), la quota degli italiani all’estero è più grande di quella che si crede, con più di un milione di italiani che sfuggono alle statistiche Aire, il registro degli Italiani all’estero. Numeri, che secondo quanto è riportato dal nuovo rapporto, sarebbero quasi comparabili alle migrazioni strutturali degli anni ‘50.  Dati che dovrebbero far riflettere. E dare vita a politiche diverse da quelle in cantiere a Palazzo Chigi.