La comunità parrocchiale di Santa Albina V.M. in Scauri, parroco don Antonio Cairo, accoglie mercoledì 22 giugno alle ore 18.50 le reliquie dei Santi Coniugi Luigi e Zelia Martin, genitori di Santa Teresa di Gesù Bambino. Alle ore 19.00 celebrazione eucaristica presieduta da don Mario Testa, direttore diocesano della pastorale familiare. Il giorno dopo alle ore 12.00 lasceranno la parrocchia per raggiungere la forania di Gaeta dove saranno venerate nella Chiesa dei Santi Cosma e Damiano. “Galeotto fu il ponte…”, e precisamente quello di Saint Leonard, ad Alençon, perché su di esso si incontrarono i due. E fu amore a prima vista, almeno da parte di lei. Per nessuno dei due, a dire il vero, il matrimonio rappresentava il massimo delle aspirazioni. Lui, a 22 anni, aveva deciso di consacrarsi a Dio nell’ospizio del Gran San Bernardo, ma l’ostacolo insormontabile era lo studio del latino, ed era diventato così un espertissimo orologiaio, anche se i suoi pensieri continuavano ad abitare il cielo ed il suo cuore restava costantemente orientato a Dio. Lei pensava proprio di poter diventare una brava Figlia della Carità, ma la Superiora di Alençon, senza mezzi termini, le aveva detto che quella non era sicuramente la volontà di Dio. Aveva così iniziato a fare la merlettaia, diventando abilissima nel raffinato “punto di Alençon”, anche se il suo capolavoro continuava ad essere il suo silenzioso intreccio di preghiera e carità. Sul ponte di Saint Leonard, in quell’aprile 1858, sente distintamente che questo, e non altri, è l’uomo che è stato preparato per lei e ne è così convinta che lo sposa appena tre mesi dopo. Il 12 luglio 2008, 150 anni dopo, Alençon ha ricordato questo matrimonio “tre volte d’oro” in vista della beatificazione, segno del riconoscimento che per Luigi Martin e Zelia Guerin fu proprio il matrimonio la via ordinaria per raggiungere la santità, andando così a fare singolare corona alla loro grande figlia, santa Teresa di Gesù Bambino. All’inizio, per le disposizioni interiori di entrambi e forse anche per il troppo breve fidanzamento, per dieci mesi orientano il loro matrimonio verso la verginità fisica e ci vuole l’accompagnamento di un prudente confessore per indirizzare entrambi verso il dono di sé e per aprirli alla procreazione. Cominciano a nascere i figli, addirittura nove, ma solo cinque di essi raggiungono l’età adulta. Perché Luigi e Maria conoscono le sofferenze e i lutti delle altre famiglie, soprattutto a quel tempo: la morte, in tenerissima età, di tre figli, tra cui i due maschi; l’improvvisa morte di Maria Elena a neppure sei anni; la grave malattia di Teresa, il tifo di Maria e il carattere difficile di Leonia. Tutto accettato con una grande fede e con la consapevolezza ogni volta di aver “allevato un figlio per il cielo”. Delle altre famiglie condividono pure lo sforzo del lavoro quotidiano, Luigi nel suo laboratorio di orologiaio con annessa gioielleria, Zelia nella sua azienda di merletti: lavori che assicurano alla famiglia una certa agiatezza, di cui tuttavia non si fa sfoggio. Perché in casa loro le figlie vengono educate “a non sprecare” e si insegna a fare del “di più” un dono agli altri. La carità concreta è quella che esse imparano, accompagnando mamma o papà di porta in porta, di povero in povero. Messa quotidiana, confessione frequente, adorazioni notturne, attività parrocchiali, scrupolosa osservanza del riposo festivo, ma soprattutto una “liturgia domestica” di cui Luigi e Zelia sono gli indiscussi celebranti, fatta di pie pratiche sì, ma anche di esami di coscienza sulle ginocchia di mamma e di catechismo imparato in braccio a papà. Zelia muore il 28 agosto 1877, a 45 anni, dopo 19 di matrimonio e con l’ultima nata di appena 4 anni, portata via da un cancro al seno, prima sottovalutato e poi dichiarato in operabile. Luigi muore il 29 luglio 1894, dopo un umiliante declino e causa dell’arteriosclerosi e di una progressiva paralisi.
Prima ha, comunque, la gioia di donare tutte le 5 figlie al Signore, quattro nel Carmelo di Lisieux e una tra le Visitandine di Caen. Tra queste, Teresa, morta nel 1897 e proclamata santa nel 1925, che non ha mai avuto coscienza di essere santa, ma sempre ha detto di essere “figlia di santi”, dice spesso: “Il Signore mi ha dato due genitori più degni del cielo che della terra”. Lei, cui la Chiesa riconosce il merito di aver indicato la “piccola via” per raggiungere la santità, confessa candidamente di aver imparato la spiritualità del suo “sentierino” sulle ginocchia di mamma. “Pensando a papà penso naturalmente al buon Dio”, sussurra, mentre alle consorelle confida: “Non avevo che da guardare mio papà per sapere come pregano i santi”. Ora è la Chiesa a “mettere la firma” sulla santità raggiunta da questa coppia: non “malgrado il matrimonio”, ma proprio “grazie al matrimonio”. A portarli sull’altare come Beati è stata l’inspiegabile guarigione, avvenuta nel 2002 a Milano, da una grave malformazione congenita, manco a farlo apposta, di un neonato. A questo miracolo è seguito quello in favore di Carmen, una bambina di Valencia, fatto che ha aperto la strada alla loro canonizzazione, celebrata il 18 ottobre 2015, nel corso della XIV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”