Percorrendo la strada provinciale Itri-Sperlonga, attraversiamo alcune delle zone piĆ¹ suggestive della campagna itrana, che consente di sperimentarne ancheĀ la molteplice varietĆ di caratteri fisici, antropici e produttivi. Lungo questo itinerario, che porta sulla costa tirrenica,disseminato di ville, talvolta pretenziose, immerse nel verde intenso degli oliveti, intersecati da seminativi e da pascoli, accanto a modeste case contadine, si possono ammirare delle masserie, tipiche costruzioni di edilizia rurale, alcune delle quali risalgono ad epoche anteriori al XVI secolo, come ĆØ attestato dalle fonti archivistiche, dalle quali si arguisce come esse fossero fiorenti opifici, importanti per la produzione della lana.
La presenza di masserie in queste contrade dimostra che, fino ad epoche recenti, a dominare la scena ĆØ stata la media e grande proprietĆ nobiliare, ecclesiale e borghese. Tra il XIX ed il XX secolo, perĆ², si sono determinate condizioni favorevoli alla diffusione, su larga scala ed in tempi relativamente brevi, delle colture arboree. Terre sassose ed incolte e āpezzeā di seminativo sono state vendute, assegnate in enfiteusi o a āpartitanzaā dai proprietari, incapaci di operare, a proprie spese, tale trasformazione, a contadini che vi hanno piantato olivi, mandorli, frutteti. CosƬ il piccolo appezzamento terriero, che ad Itri, a volte, ha assunto un vero e proprio aspetto patologico, per lāeccessiva fragmentazione, ha eroso il latifondo, lo ha ridimensionato, talvolta sgretolandolo.
Ā Ā Un interessante esemplare di masseria cerealicolo-pastorale, denominata āMasseria La Torreā, ĆØ in contrada āMaglianaā, la cui costruzione conserva, quasi integre, le strutture murarie, anche se parzialmente ricoperte di sterpaglie e di rovi. La fabbrica, solida e disadorna, cotta dal sole, rosa dalle piogge, investita dai venti salmastri del vicino mare, che ne logorano lāintonaco come una malattia, ma spirante, nellāinsieme, una nobile pace, pare che abbia trovato, col tempo, la sua vera grandigia, il suo aspetto definitivo.
Ā Ā Tipica masseria di campo e di animali, come si puĆ² desumere anche dalla descrizione che ne ha fatto Gino Pratelli, in āLa casa rurale nel Lazio meridionaleā. Ne stralciamo un breve quanto significativo passo: āTra quelle sparse nella valle della Magliana – presso la strada da Sperlonga a Itri – tutte indicate col nome di āmasserieā, ĆØ degna di nota la masseria La Torre (m. 230), che puĆ² essere assunta come rappresentativa in quanto haĀ alcuni caratteri propri di una costruzioneĀ piuttosto antiquata e insieme elementi comuni aĀ edifici della costa (lāarco a sostegno di un balcone, la nicchia interna che sporge da un muro su mensole). Il fabbricato ĆØ a corpo semplice; al pianterreno tre vani destinati a stalla (caratteristiche sono le mangiatoie in pietra, n. d.r.) e coperti da volte a botte, con una solaĀ apertura per vano (la porta, sulla parete nord); al 1Ā° piano sono dueĀ abitazioni separate, per altrettante famiglie di mezzadri, ciascuna composta da una cucina e una cameraā.
Ā Ā Lāedificio ĆØ in pietrame squadrato, parzialmente intonacato e coperto da tetto a corpi a due falde. Sono peculiari gli archi, a sostegno della rampa di scala esterna e a sostegno di un balcone, nonchĆ© la nicchia sporgente dal muro su mensole, che corrisponde allāinterno di un acquaio (raccoglieva lāacqua piovana, che veniva convogliata, con un ingegnoso sistema di canali, dal tetto delle fabbriche che compongono la masseria), che, un tempo, assicurava la provvista dāacqua necessaria per i numerosi animali, soprattutto ovini, della casa poderale.
Eā un vero peccato che questa testimonianza antica e ancora quasi intatta, ma fortemente compromessa dallāazione edace del tempo e dallāincuria degli uomini, rischi dei guasti o la totale rovina, derivata dalla disattivazione della masseria.
Ā Ā Negli ultimi decenni gran parte delle famiglie, un tempo stabilmente insediate in questi poderi, sono emigrate o si sono trasferite nel centro urbano, abbandonando le masserie e le case coloniche in cui abitavano. Le cause che hanno portato a questo spopolamento delle campagne sono innumerevoli, ma i motivi piĆ¹ rilevanti sono da ricercarsi nellāaumento dei costi di produzione e nella scarsa rimunerativitĆ del lavoro dei campi, oltre che nello sviluppo delle cittĆ e nella necessitĆ dei giovani di non sentirsi declassati e prigionieri ārispetto a chi ha la casa e vive in paeseā.Ā Tuttavia sopravvivono, ancora ben evidenti, i segni di un paesaggio costruito da generazioni di contadini (āun popolo di formicheā), che, un anno dopo lāaltro, con immani sacrifici, hanno spietrato, livellato, sistemato ad oliveti migliaia di ettari di terra, costruendovi, con il materiale di risultaĀ delle operazioni di scasso del terreno e con lāaiuto di abili āmacerariā, muretti a secco divisorii e fabbricati a dimora familiare, oltre che locali idonei alla lavorazione delle olive ed alla conservazione dellāolio.
Le differenti attivitĆ produttive organizzate allāinterno delle masserie trovano riscontro nei trappeti e nei palmenti ancora āin locoā, nei magazzini per cereali, nelle stalle per gli animali da lavoro, nei numerosi locali riservati allāalloggio del massaro e, una volta, dei lavoratori stagionali.
Ā Ā Per salvaguardare queste tipiche costruzioni di edilizia rurale, che hanno avuta tanta storia, in cui lāuomo ha abitato, ha operato, si ĆØ difeso dai briganti, per tutelare il frutto del proprio lavoro, occorre recuperarle, riadattandole ad ostelli per i turisti in transito. Se per le masserie il problema ĆØ quello di recuperarle per fini tiristico-promozionali, per gli edifici antichi con torre ĆØ ancora piĆ¹ grave. Oggi di questi significativi documenti della civiltĆ contadina ce ne restano pochi, sparsi in aperta campagna. Il piĆ¹ dotato di unāarmonica tipicitĆ ĆØ il fabbricato situato, anchāesso, sulla strada provinciale Itri-Sperlonga, in localitĆ āLiccianoā, tra le macchie di seminativi ed il verde degli oliveti, in un panorama aperto, che consenteĀ una discreta visuale sul castello medioevale e sulla parte alta di Itri.
Eā un edificio posto a 2 km .in linea dāaria, a sud-ovest di Itri, a 250 metri sul livello del mare. La planimetria ĆØ regolare, ma la facciata ĆØ asimmetrica. Al centro, un portoncino immette nel vano, che contiene una scala a due rampe; al pianterreno, si trova, a sinistra, la cucina, a destra, la stalla; al primo piano, oltre al vano della scala, non vi ĆØ che una camera sopra la cucina, dalla quale si accede ad un soprastante vano al secondo piano, mentre un altro vano, nel 3Ā° piano, ĆØ quasi inutilizzato per la scomoditĆ dāaccesso.
Ā Ā Si tratta evidentemente di una torre, che, anche se i fregi barocchi della merlatura non sembrano troppo attinenti alla difesa, poteva avere funzioni di vedetta, poichĆ© la costruzione domina un breve tratto di valle, con il colle che sale alle sue spalle.
Anche qui ricorrono i motivi della muratura in pietrame, rivestita di un intonaco che ha assunto, col tempo, varie tonalitĆ di grigio; della volta sferica, a copertura della cucina (il notevole peso degli alti muri dei piani soprastanti equilibra vantaggiosamente la forte spinta orizzontale della volta); della nicchia interna, che sporge su mensole in pietra, al 3Ā° piano; del portoncino inquadrato in una mostra in pietra da taglio, il cui estradosso termina a cuspide (motivo di evidente origine barocca, come la ricordata coronatura dei merli sulla torretta); della riquadratura, con tinteggiatura bianca, dei vani delle finestre; dei laterizi a tegole curve (coppi) sulle falde del tetto. A breve distanza da questo fabbricato, ĆØ la āmandriaā, cioĆØ lo spazio rettangolare, cintato da muretto in pietra, caratteristico della pastorizia itrana, per il ricovero di ovini e di bovini da lavoro.
Ā Ā Per salvare questo tipo di insediamento, specchio di una fisionomia contadina, per secoli legata al fondo e alla pastorizia, occorre, senza frapporre indugi, riattivare questi edifici rustici. Con piccole spese, essiĀ possono essere trasformati in case ad incentivo turistico, salvaguardando cosƬ delle zone agricole abbandonate e destinate a diventare zone inutili, socialmente parlando. Gli operatori turistici, realizzando dei complessi ricettivi di agriturismo, gestiti da contadini del posto, potrebbero valorizzare le risorse umane ed i valori di civiltĆ espressi da quellāambiente rurale, dove vive e si sente parlare lāanima dellāuomo di campagna, in religiosa comunione con la sua terra.